Vini autoctoni

La nostra regione ha una conformazione territoriale particolarmente vantaggiosa per la coltura della vite

Data:
21 Dicembre 2024

Vini autoctoni

Caratteristiche del prodotto

L’estensione del Friuli Venezia Giulia, delle Alpi fino al mar Adriatico, permette di beneficiare di ottime condizioni pedoclimatiche che consentono di distinguere ben otto zone a Denominazione d’Origine Controllata: il Carso (TS), il Collio (GO), i Colli Orientali (UD), Friuli Annia (UD), Friuli Aquileia (UD), Friuli Grave (UD,PN), Friuli Isonzo (UD,GO), Friuli Latisana (UD).

I territori dei magredi e delle risorgive pordenonesi fanno parte della DOC GRAVE DEL FRIULI, una estesa porzione di territorio che comprende le province di Udine e Pordenone e che si caratterizza per avere un terreno di origine alluvionale, prevalentemente sassoso o ghiaioso, generato dai fiumi Tagliamento, Meduna e Cellina, che nel corso dei secoli hanno depositato sassi e ghiaia lungo il loro percorso verso valle.
La parola Grave, infatti, deriva dal latino gravis, “che ha un peso relativamente grande”, in riferimento ai ciottoli depositati dai fiumi, la cui grandezza tende a diminuire procedendo verso valle.
Le Grave del Friuli comprendono un territorio in cui la vite ha trovato un luogo ideale per crescere e offrire vini bianchi e rossi di qualità. Nel territorio dei magredi e delle risorgive pordenonesi i vini bianchi prodotti sono: Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Riesling Renano, Sauvignon, Friulano, Traminer Aromatico, Verduzzo Friulano, mentre tra i rossi (Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Nero, Refosco dal Peduncolo Rosso). Alcune aziende producono anche vini meno tradizionali come i rosè e i vini spumanti.

 
 
 
 
 
 
 
 

Produzione

Di seguito verranno sintetizzate le fasi salienti dei processi di vinificazione in bianco e in rosso, ovvero i passaggi che consentono all’uva di diventare vino. L’intento è di delineare un filo produttivo comune, per i vini tradizionali, tra le aziende dei magredi e delle risorgive pordenonesi, dando per scontata la variabilità operativa propria di ogni azienda.
Il processo di vinificazione in bianco prevede essenzialmente:

  1. Vendemmia: raccolta dell’uva a bacca bianca al giusto momento di maturazione (tenore zuccherino)
  2. Ricevimento: prevede la diraspatura (separazione della bacca dal raspo) e la pigiatura in cui l’acino viene rotto per raccogliere la parte liquida dopo una breve macerazione
  3. Pressatura: estrazione del succo dalle bucce
  4. Sfecciatura: eliminazione dal mosto delle parti solide residue (frammenti di buccia o raspi). Si effettua attraverso sedimentazione o con l’aggiunta di coadiuvanti chimici (pectasi, bentonite). Nella vinificazione in bianco il contato tra la parte liquida e la buccia è ridotta al minimo per evitare di estrarre composti presenti sulla buccia che potrebbero conferire aromi indesiderati quali aromi erbacei, di riduzione, gusto amaro, composti fenolici, colorazione meno stabile nel tempo
  5. Fermentazione alcolica del mosto: gli zuccheri, attraverso il processo biochimico, vengono trasformati in alcool e si sviluppa, contemporaneamente, calore, anidride carbonica, composti aromatici e diverse specie chimiche. A questa fermentazione segue quella malolattica in cui l’acido malico viene degradato per azione dei batteri lattici. Durante la fermentazione è possibile addizionare lieviti secchi e diossiodo di zolfo per evitare le ossidazioni
  6. Travaso in vasche di affinamento: il vino viene travasato in serbatoi di acciaio, indicate soprattutto per salvaguardare le specificità aromatiche e varietali, o in botti di legno (barrique) per conferire al prodotto finito aromi più complessi
  7. Chiarifica o filtrazione: il vino viene chiarificato e filtrato per eliminare torbidità
  8. Affinamento e imbottigliamento

Il processo di vinificazione in rosso prevede, essenzialmente, le seguenti fasi operative:

  1. Vendemmia: raccolta dell’uva a bacca rossa al giusto momento di maturazione, valutato non solo come tenore zuccherino, ma anche come maturazione tecnologica, aromatica e fenolica, ovvero riferita al livello di tannini presenti su buccia, polpa e vinaccioli
  2. Diraspatura e pigiatura: separazione degli acini dai raspi e rottura dell’acido per separare la parte liquida da quella dell’acino (buccia e vinaccioli)
  3. Macerazione e fermentazione alcolica: estrazione delle sostanze presenti nella polpa e nella buccia dell’acino per conferire aromi, struttura e colore al vino. La macerazione dura dai 4 ai 20 giorni, a seconda delle caratteristiche del vino che si vuole ottenere. Con la fermentazione alcolica gli zuccheri contenuti nel mosto, per azione dei lieviti, si trasformano in alcool, anidride carbonica, calore e altri composti chimici. Durante la fermentazione l’azione dei lieviti è fondamentale per agevolare il processo
  4. Svinatura: A fermentazione quasi ultimata si separano le bucce dalle vinacce. Il momento giusto dipende dal tipo di vino che si vuole ottenere. Questa operazione si ritarda se l’obiettivo è ottenere vini da invecchiamento, ricchi in polifenoli, mentre si può anticipare per produrre vini poco tannici e rossi giovani. In questa fase si fa gorgogliare il biossido di zolfo per stabilizzare il vino. Le vinacce possono essere trattate per torchiatura, ottenendo ulteriore vino, o inviarle alla distillazione per produrre grappa
  5. Fermentazione malolattica: processo di disacidificazione che comporta la degradazione dell’acido malico in acido lattico con formazione di anidride carbonica.
  6. Travasi: spostamento del vino da un recipiente ad un altro con lo scopo di separare la parte liquida dalle fecce (lieviti, batteri, antiparassitari, porzioni di bucce e depositi di chiarificanti). Il travaso si può effettuare per sifonamento o tramite l’uso di una pompa.
  7. Maturazione e stabilizzazione in vasche di acciaio o legno.
  8. Chiarifiche/filtrazioni e imbottigliamento

Caratteristiche

Ogni azienda è in grado di conferire al vino prodotto dei caratteri peculiari che, a loro volta, dipendono dalle condizioni ambientali e climatiche dell’annata di produzione. Il vino è un prodotto estremamente complesso da valutare perché le caratteristiche sensoriali sono numerose e le sensazioni olfattive sono estremamente volubili e fluttuanti. I principali descrittori riscontabili nell’assaggio del vino sono i seguenti:
ASPETTO VISIVO: limpidezza, colore, intensità, fluidità. Quest’ultimo parametro consente di stimare la densità del vino e visualizzare gli archetti che si formano sulla superficie del bicchiere, collegati al grado alcolico del vino.
ASPETTO OLFATTIVO: intensità degli aromi, complessità, franchezza (assenza di difetti). Le famiglie degli odori riscontrabili ricadono tra i fruttati, floreali, vegetali, speziati, minerali, tostati, animale (cuoio, pelliccia) e sentori microbiologici (feccia, yogurt, caseificio)
ASPETTO GUSTATIVO E AROMATICO: si valuta in bocca, attraverso le papille gustative (acido, dolce, amaro) e per via retronasale. Nell’ambito sensoriale si definisce flavour l’insieme delle sensazioni gustative, retronasali e tattili. La componente aromatica fa riferimento alle famiglie odorose precedentemente descritte.
L’equilibrio gustativo viene interpretato in modi diversi: può essere l’interazione tra l’acidità, la morbidezza e l’astringenza (3 dimensioni, tipica dei vini rossi), oppure il bilanciamento tra acidità e morbidezza (2 dimensioni, tipica dei vini bianchi). Si può fare riferimento all’equilibrio anche in relazione alla conferma tra sentori olfattivi e flavour.
ASPETTO TATTILE: la consistenza di un vino (corpo) è riferita alla densità e astringenza.
A questi aspetti sensoriali si considera anche la persistenza del gusto, la tipicità, ovvero la corrispondenza alle caratteristiche varietali, e il giudizio di gradimento complessivo.
I difetti più frequenti sono l’odore di tappo (non imputabile al lavoro in cantina), odore di feccia, sporco o sentori solforati (riduzione), ossidazione (frutta cotta) fino al marsalato, brettanomiceti ovvero lievi che danno sentori sgradevoli legati all’animale (pelo di animale, stallatico, sudore)

Abbinamenti

Saper abbinare il vino al cibo consente di creare un piacere che si rinnova ad ogni sorso, significa creare un equilibrio che consente di valorizzare ciò che si sta degustando e permette di rinsaldare un legame tra le persone e i prodotti del territorio.
Pur non essendoci regole fisse, sono stati identificati essenzialmente tre tipi di accostamenti: per affinità (o concordanza); per contrasto (o contrapposizione) e per tradizione (regionalità/stagionalità). Gli abbinamenti cibo-vino per affinità accostano i prodotti con i gusti che si muovono nella stessa direzione per tipologia e intensità. Ad esempio, formaggi freschi e ricotte si sposano bene con vini bianchi giovani, la pasticceria con i vini dolci (Ramandolo, Picolit) oppure i piatti speziati con vini aromatici, infine, i formaggi stagionati con grandi rossi invecchiati .
Al contrario, gli abbinamenti per contrapposizione risultano armonici nel loro contrasto. Ad esempio, un piatto grasso e “colloso” (cotechino, musetto) si abbina perfettamente ad un vino che un’acidità importante, che regala la sensazione di pulizia in bocca. Formaggi erborinati o molto stagionati, dal gusto persistente, si possono abbinare anche a vini liquorosi o da dessert.
Gli abbinamenti per tradizione sono quelli specifici di un territorio e di una stagionalità; fanno parte della cucina popolare che nel tempo ha saputo valorizzare i prodotti locali in base alla loro disponibilità. Ad esempio, castagne e vino novello, risotto con gli asparagi e sauvignon; un cabernet franc o sauvignon sta bene accompagnato a carni rosse alla griglia o grigliate di maiale.

Curiosità / Note

In tema di abbinamenti cibo/vino persistono alcune erronee convinzioni dure a morire. Eccone alcune:
1) Il pesce si abbina al vino bianco. Questo binomio non è più così tenace, infatti, se il pesce viene condito con sughi saporiti e ben strutturati, un vino rosso giovane, non tannico, è necessario per bilanciarne la forza gustativa
2) Prosecco brut e dessert. L’abbinamento è tutt’altro che armonico, la dolcezza del dessert va accompagnata, rispettata e custodita dall’amabilità del vino dal momento che si rischia di non apprezzare né il lavoro del pasticcere né quello del vignaiolo; infatti, la secchezza e l’effervescenza del vino ne esalterà l’acidità contrastando fortemente la dolcezza del dessert. L’impatto deve portare alla condivisione delle note dolci e l’eventuale frizzantezza del vino risolvere la pulizia della bocca. Gli accostamenti migliori restano quindi vini passiti o vini amabili
3) Ostriche e champagne, un abbinamento da dimenticare! Infatti, l’acidità e l’effervescenza del vino porteranno in bocca sgradevoli sensazioni metalliche

Aziende produttrici

Ultimo aggiornamento

27 Novembre 2024, 14:39