Durante questa escursione esploreremo una delle zone agricole più produttive della pianura pordenonese in età bassomedievale. Area in cui furono fondati diversi villaggi dotati di rogge necessarie a garantire la vita e l’irrigazione di numerosi campi coltivati. Una corretta lettura del paesaggio ci permetterà di riconoscere alcuni ambiti territoriali agricoli, che perdurano da quel periodo. A stretto contatto con l’ambiente agricolo, visiteremo la Zona di Protezione Speciale (ZPS) dei Magredi Pordenonesi, tra i prati stabili e i boschi umidi, ambienti che hanno permesso la ricolonizzazione di specie faunistiche di interesse comunitario.

Il punto di ritrovo è in piazza a Tesis di Vivaro il 30 Aprile 2023 alle ore 9:30.
In tutto il paese ci sono numerosi parcheggi.

 

Invia la richiesta di prenotazione a: info@magredierisorgivefvg.eu
oppure chiama: +39 340 8645094 (Moreno)

L’iscrizione all’escursione solleva gli organizzatori da ogni responsabilità derivante dalla partecipazione all’iniziativa per eventuali incidenti o infortuni

Lunghezza del percorso: tredici chilometri in pianura.
Tempo di percorrenza: 7 ore
Numero massimo di partecipanti: 40 persone
Pranzo: pranzo al sacco

L’escursione finirà verso le 17,00 presso l’azienda Gelindo dei Magredi

A Vivaro lasceremo alcune auto per accompagnare al punto di partenza gli autisti che poi recupereranno i loro compagni.

Un inquadramento geografico

La quarta escursione ci porterà a leggere ancora l’avanzare della primavera negli ambienti magredili di quel gran cono che è il territorio dell’attuale comune di Vivaro. In origine i comuni erano tre e sorsero in aree molto difficili da abitare perché prive di acque superficiali. Qui i fiumi ampissimi erano quasi sempre secchi e quando l’acqua correva nell’alveo era pure pericolosa. Lungo questi ambienti acquei irrequieti gli abitanti costruirono boschetti di salici per contenere le esondazioni e impedire che acqua e ghiaia entrassero nelle zone dei prati. Per bere e irrigare era stato necessario realizzare delle rogge artificiali attrezzate anche con molini. La fondazione di questi villaggi nell’aspetto che gli riconosciamo oggi è probabilmente bassomedievale (XII secolo). Di questo periodo dovrebbe essere l’assetto stradale e anche la distribuzione dei lotti.

La chiesa di Tesis


Anche l’insediamento di Tesis aveva un carattere rivierasco, ma questa volta anziché porsi in relazione ai grandi fiumi alpini, il Cellina e il Meduna, si poneva sul meno irruento Colvera nel punto in cui l’importante strada che scendeva dalla Val Cellina e Maniago incrociava il fiume. I terreni erano distribuiti lungo la riva destra del fiume e godevano della possibilità di intercettare parte dell’acqua che si disperdeva tra le ghiaie. Nonostante tutto anche Tesis per esistere aveva avuto bisogno della costruzione di una roggia artificiale che alimentava l’ennesimo mulino a monte del villaggio.
Alcuni vorrebbero l’esistenza di una cortina attorno alla chiesa ma al momento nulla lo prova.
La chiesa di Tesis è l’edificio, per quanto modesto, più importante del borgo agricolo. La parte più antica dell’edificio corrisponde alla sacrestia e al campanile, ma sappiamo che la chiesa, dedicata a San Paolo Apostolo, fu ristrutturata nel 1529. Altri lavori importanti furono eseguiti tra il 1890 e il 1910. A quel periodo va riferito l’altar maggiore di scuola friulana con il paliotto in marmi policromi e le due statue dei santi Pietro e Paolo. L’altro altare è invece della prima metà dell’800 ed è pure il frutto di maestranze friulane. L’opera d’arte più interessante è senza dubbio il fonte battesimale in pietra ornato lungo i bordi con un motivo a catena, mentre nella parte superiore ci sono delle testine d’angelo in rilievo sopra le quali scorre una dedicazione. Anche l’acquasantiera sembra uscire dallo stesso spirito culturale di una bottega che si rifà alla scuola del Pilacorte.

Il guado del Colvera

Le grandi strade medievali che attraversavano i guadi del Cellina, del Colvera e del Meduna erano naturalmente dirette alla volta delle città di Spilimbergo e di San Daniele attraverso il guado sul Tagliamento di Carpacco.
Il guado di Tesis aveva una importanza determinante perché transitava per la punta dei territori di Arba e permetteva di raggiungere i magredi di Tauriano sulla sponda sinistra del Meduna. Una delle cose più interessanti nel rapporto tra il paese e la sua agricoltura e il fiume è il ruolo assunto in questo caso dalla vegetazione lungo il fiume con la costruzione di un sistema boscato che si integra con le ampie masse arboree delle terre poste a meridione del guado e che sono uno dei pochi esempi di paesaggi a campi chiusi di questo territorio.

La chiesa di Santa Fosca e Maura

Basaldella è un borgo agricolo legato a un guado e rifornito da una roggia deviata dal torrente Colvera poco a valle di Maniago. La roggia faceva un lunghissimo percorso in un’area relativamente stabile dal punto di vista idrogeologico arrivando prima a Tesis e poi a Basaldella. Nonostante Vivaro e Basaldalla fossero vicinissimi erano riforniti da acque completamente diverse, perché diverse erano le giurisdizioni medievali alle quali appartenevano. Il borgo alquanto modesto nelle dimensioni è però dominato da due elementi principali: la chiesa di Santa Fosca e Maura che prospetta su un interessante spazio pubblico che esalta la facciata neoclassica, e l’importante episodio architettonico di villa Cigolotti.
La chiesa nella sua forma attuale va ricondotta a maestranze locali attive nel 1772, mentre il campanile, leggermente discosto, fu eretto quattro anni dopo. L’edificio ad aula rettangolare è tripartito in facciata attraverso un gioco di paraste poco pronunciate, con due nicchie con statue di sante nel registro superiore.
All’interno molte decorazioni sono pure del XVIII secolo a partire dall’altar maggiore caratterizzato da un ricco paliotto in marmo. Nella chiesa si nota un altro importante altare settecentesco caratterizzato da un paliotto con specchiature marmoree rosse e gialle. Sopra allo stesso si slanciano verso l’alto due colonne con capitello composito che sorreggono un timpano curvilineo spezzato, mentre la cimasa è decorata con una conchiglia. L’altare conserva un’opera molto bella di Gaspare Quecchi, detto il Narvesa (1558-1639) che rappresenta un bellissimo Sant’Antonio con un acceso fuoco al petto. A sinistra c’è San Pietro e a destra san’Agata incorniciati in una prospettiva architettonica che esalta una grande profondità. All’interno della chiesa è visibile un’altra importante opera del Narvesa, una pietà con San Girolamo, Sant’Urbano, San Silvestro e San Agostino Un terzo altare seicentesco conserva una nicchia con una interessante madonna lignea. Tra gli altri arredi va notato un interessante fonte battesimale a colonna del 1678.

Villa Cigolotti

I rapporti che intercorsero tra la famiglia Cigolotti e Basaldella sono ancora poco indagati. La famiglia veniva dal Trentino e si insediò a Montereale Valcellina alla metà del Seicento coordinando il commercio del legname e impiegando gli utili nell’acquisto di terre. Nel 1736 la famiglia fu aggregata al consiglio nobile di Sacile seppure non fosse particolarmente legata a quella città. La ricchezza borghese si vestiva quindi di una patina di nobiltà urbana ma la famiglia decise di costruire la propria dimora non ristrutturando il palazzetto di Montereale ma costruendo un edificio dal dichiarato impianto di villa che fosse in grado di mostrare una immagine colta e aggiornata da un punto di vista culturale. Non si deve escludere il fatto che probabilmente proprio i Cigolotti contribuirono alla riforma della chiesa e dello spazio della piazza decidendo di modellare con l’inserimento della villa, l’intero paesaggio del borgo rurale.

La villa si distaccò dalla strada dalla quale era diaframmata da un alto muro aperto con un arco d’ingresso. Il primo recinto a sud era strutturato come un giardino formale, come lascerebbero intendere alcune foto storiche. Alle spalle, invece, viene facile credere che il giardino fosse in realtà un ampio brolo solcato da un viale in asse con la villa e tangente a un tumolo, chiamato “la montagnola” che potrebbe avere una origine preistorica tanto che alla collina era stato affiancato un altarino campestre (S. Marco) e sopra la motta è stata piantata una croce. I lavori iniziarono nel 1740 ed erano stati affidati a un’impresa di muratori comacini, i Lepori provenienti da Campestro presso Lugano. La squadra dei muratori si trovò probabilmente a recuperare delle murature preesistenti e per questo motivo è possibile giustificare alcune imperfezioni nella composizione planimetrica dell’edificio. Nonostante tutto i Lepori cercarono di interpretare il tema della villa veneta tripartita con salone passante.
L’edificio decorato con gusto si è conservato in modo straordinario ed è in grado di trasmettere il senso dell’abitazione di campagna nella declinazione domestica delle popolazioni friulane. Non a caso al piano terra fa mostra di se un enorme camino alla friulana (fogolar).

I magredi del Meduna

In questa zona la Meduna si allarga e da vita a un ampio greto caratterizzato naturalisticamente dalla presenza di tutti e tre gli stadi della vegetazione magredile. Ci muoveremo in questo ambiente con l’aiuto dei docenti e ricercatori dell’Università di Udine che da anni monitorano non solo la vegetazione, ma anche la presenza animale, soprattutto quella dei lupi.

La Cortina e la chiesa di Vivaro

Anche l’insediamento di Vivaro era caratterizzato da una cortina difensiva popolare che proteggeva almeno le vite dei popolani esposti agli eventi bellici che si definivano di volta in volta lungo le principali vie di collegamento. Il primo documento che ricorda la cortina è relativamente tardo (1284), ma non è da escludere che l’opera risalisse per forma e tecniche costruttive al XI secolo. Il documento ricordava che cortina difensiva e le residenze degli agricoltori erano adiacenti: “Amicus de Fanna investivit jure Feudo recti dominum Corsettum de Maniaco de Decima Vivaro super Manso Sancti Mauri ante Curtinam Vivarii”. La cinta circondava la piccola chiesa del paese dedicata a Santa Maria Assunta.
La mappa del 1606 mostra come la difesa fosse sostanzialmente un aggere di terra prodotto dal degrado di un fortilizio costruito con cassoni di legno riempiti di terra. In età medievale non erano molto diffuse le costruzioni in muratura e nel medioevo anche le case del paese dovevano essere state costruite prevalentemente in legno. Nel catasto napoleonico si scorgono bene il mulino lungo la strada per il guado, l’area pseudo circolare della cortina e i masi che erano adiacenti alle opere di difesa. Era ancora chiaramente individuabile il fossato, mentre al centro troneggiava la nuova chiesa.
La chiesa fu ristrutturata nel 1815 in stile neoclassico e l’aspetto della vecchia chiesa rurale è del tutto perduto, ma non un lacerto della vecchia decorazione, la pietà con San Girolamo e Antonio abate dipinta a fresco da Gianfrancesco
da Tolmezzo nel 1482. Il dipinto staccato e ora ricollocato all’interno faceva parte della complessa facciata affrescata.
Della vecchia chiesa all’interno si può notare anche un bella acquasantiera in pietra bianca e un altare in marmo di Carrara e Rosso Verona del 1742 attribuito a una bottega veneziana, con i due angeli realizzati dopo i lavori di restauro nel 1892.

L’azienda Gelindo dei Magredi

Da decenni l’azienda che prende il nome dal capostipite della famiglia Trevisanutto che dagli anni ’70 riesce a proporre una lettura innovativa dell’agricoltura affiancando ristorazione alla ricerca del prodotto.

Gli amici di Vivaro riescono a seguire il ciclo completo di ogni prodotto interpretando nel modo migliore il tema della filiera, ultimamente arricchita anche con la ricerca e macina di grani tradizionali.

Visiteremo l’azienda che è anche un importante centro ippico.
Presso l’azienda chi vuole si potrà fermare per una cena a base di prodotti cucinati con una certa attenzione alla tradizione.


Il piatto proposto è “LA PATRIA DEL FRIUL” composto da frico filante con patate e cipolla, nido di polenta con i funghi e ricotta affumicata, salame Cisat con le verze, Pitina della Val Tramontina. Il costo è di 19€.

La cena può essere prenotata anche da chi non parteciperà alla camminata.