La scomparsa del grande bosco e le nuove aree naturalistiche.
I docenti all’Università di Udine accompagneranno i visitatori nell’esplorazione della biodiversità locale.

Il punto di ritrovo è Sant’Andrea di Pasiano di Pordenone, presso il parcheggio pubblico di via della Soliderietà alle ore 10.00.

Complessivamente l’escursione è di 12 chilometri su strade bianche e qualcuna asfaltata.

Invia la richiesta di prenotazione a: info@magredierisorgivefvg.eu
oppure chiama: +39 340 8645094 (Moreno)

L’iscrizione all’escursione solleva gli organizzatori da ogni responsabilità derivante dalla partecipazione all’iniziativa per eventuali incidenti o infortuni

Tempo di percorrenza: 5 ore (escluso il pranzo)
Numero massimo di partecipanti: 40 persone
Pranzo: pranzo al sacco

Un inquadramento geografico

L’escursione ci permetterà di percorrere gli ampi dossi argillosi tra il fiume Fiume e la fossa della Luma. Due corsi d’acqua di risorgiva incisi nei depositi del letto dell’antico alveo del Tagliamento. Il grande fiume formò questa grande pianura depositando in queste aree le particelle più fine del deposito. In seguito, i corsi d’acqua di risorgiva utilizzarono i letti e le incisioni lasciate dai diversi rami del Tagliamento dopo la glaciazione dimostrando una certa capacità nel reinterpretare con acque nuove le acque irruenti e antiche.
In questa sorta di alto terrazzo si sviluppo una grande selva poi colonizzata dai romani che qui produssero una centuriazione, quella concordiese, che si appoggiava alla storica strada militare che collegava Genova ad Aquileia. Non a caso la zona di Sant’Andrea è ricca di reperti archeologici, come il centro di Pasiano. La strada militare si muoveva su territori particolarmente ben drenati e stabili. La sua inclinazione teneva conto proprio delle direttrici dei corsi di risorgiva perché era tracciata apposta parallela per non doverli attraversare. Nell’alto medioevo tutta questa terra si spopolò e per contro sui grandi dossi piatti sorse una fitta foresta.
Solo in età medievale iniziarono i disboscamenti partendo dalle aree più vicine al Fiume, tantìè che visiteremo il luogo dell’antica chiesa che probabilmente corrisponde al luogo dell’insediamento del villaggio medievale. La particolarità di questa escursione sarà proprio centrata nel tentativo di immaginare i continui cambiamenti di paesaggio che hanno prodotto quello che vediamo, e allo stesso tempo dovremo cercare di immaginare i paesaggi che si andranno a costruire nel prossimo futuro.

Villa Comparetti – Morpurgo

La villa fu costruita probabilmente nell’ultimo quarto del XVIII secolo da Andrea e Pietro Comparetti, il primo professore di medicina all’università di Padova, il fratello agronomo e specialista sulla gestione dei boschi. Possiamo credere che fu soprattutto il secondo a intervenire nella costruzione di un complesso agricolo funzionale e borghese che si staccava completamente dal concetto della villa veneta. Di fronte all’edificio non c’era un giardino ma un cortile attraverso il quale entravano e uscivano i prodotti della terra visionati con attenzione dal proprietario. Il carattere concreto e illuminista dell’azienda fu interpretato anche dai nuovi proprietari, gli ebrei triestini Morpurgo, nel 1872. Il grande recinto agricolo è composto da edifici isolati che usano lo spazio interno con la sola esclusione della chiesetta di San Anna che si affaccia sulla strada. Il corpo dominicale, con pianta pressoché quadrata, timpanato è connotato da tetto a padiglione, è alto tre piani ed è scandito da semplici fonometrie rettangolari. L’ingresso architravato vede la corrispondenza al piano nobile dell’affaccio del salone passante con una portafinestra su balconcino; sopra corona un timpano con oculo.
L’oratorio dedicato a Sant’Anna dichiara di essere nato contemporaneamente all’impianto dell’edificio civile. Ha un’aula rettangolare or vuota degli arredi e un campanile a vela rivolto verso il cortile. La chiesetta di San Anna aveva una certa fama per chi si recava a chiedere alla santa un aiuto per le giovani incinte e per proteggere madre e bimbo durante il parto.
Uno degli ultimi fattori dei Morpurgo fu Ulderico Enzo Damiani, il padre del regista Damiano Damiani nato proprio a Sant’Andrea di Pasiano.

Il fiume Fiume: dove il letto si stringe

La bretella che oggi collega le due strade parallele di lungofiume vale la pena percorrerla su ciclabile fino al centro del ponte. Da qui la vista sul fiume è bellissima, ma soprattutto permette di capire come siano larghi gli spazi golenali e piccolo il corso d’acqua. Il fiume in condizioni normali non ha capacità erosiva se non provocando meandri che consumano poca energia su poca pendenza, invece l’ampio e dritto segno di erosione racconta la presenza di acque antiche che transitavano molto più copiose venendo dai monti. La giustificazione a questo contrasto può stare nel fatto che il letto di acqua di risorgiva si è assestato su un paleolaveo precedente. Infatti, recentemente il prof. Alessandro Fontana ha dimostrato che questo disegno fluviale fu costruito migliaia di anni fa da un ramo del Tagliamento.

L’alveo del fiume Fiume

La bretella che oggi collega le due strade parallele di lungofiume vale la pena percorrerla su ciclabile fino al centro del ponte. Da qui la vista sul fiume è bellissima, ma soprattutto permette di capire come siano larghi gli spazi golenali e piccolo il corso d’acqua. Il fiume in condizioni normali non ha capacità erosiva se non provocando meandri che consumano poca energia su poca pendenza, invece l’ampio e dritto segno di erosione racconta la presenza di acque antiche che transitavano molto più copiose venendo dai monti. La giustificazione a questo contrasto può stare nel fatto che il letto di acqua di risorgiva si è assestato su un paleolaveo precedente. Infatti, recentemente il prof. Alessandro Fontana ha dimostrato che questo disegno fluviale fu costruito migliaia di anni fa da un ramo del Tagliamento.

La chiesa di San Andrea

La vecchia chiesa di San Andrea era posta isolata sul bordo del terrazzo fluviale, ma nel secolo scorso l’abitato di San Andrea si consolidò attorno alla fabbrica dei mattoni e alla fine qui fu costruita la nuova chiesa dedicata all’apostolo.
La vecchia chiesa parrocchiale intitolata a Sant’Andrea, viene menzionata per la prima volta nel 1190 facendo riferimento al borgo di contadini: “S. Andrea in Pasiliano” e compare anche nel testamento di Guecello II di Prata del 1262: “Ecclesie de Sancto Andrea”.
I due edifici sacri hanno un valore diverso: la chiesa vecchia per lo spettacolare ambiente che da qui si percepisce in una forma ancora unitaria, visto che all’interno è rimasta solo una rustica acquasantiera seicentesca e l’altare con mensa sporgente ornata a specchiature geometriche, su cui poggiano lo zoccolo e l’alzata lignea che ospita una tela novecentesca.
Nella nuova chiesa sono stati trasferiti molti degli arredi e tra questi la pala d’altare settecentesca che mostra in alto, avvolta da chiare nuvole luminose Maria con in braccio il Bambino che volge lo sguardo al cielo. In basso si vedono uniti i santi di Pasiano con quello del villaggio: san Pietro con le chiavi e un libro, sant’Andrea che sorregge la croce e porta la mano destra al petto, san Paolo che impugna la spada.

La strada Postumia scomparsa

Sappiamo con precisione dove passava la strada romana perché era in sostanza un rettifilo continuo e ci sono noti i due estremi. Lo stradone di Pasiano e la strada a Zoppola. La strada con il tempo scomparve invasa dalla vegetazione e così finirono pure scomparire le viabilità minori della centuriazione e le case degli agricoltori. Distruzioni e abbandoni cancellarono un disegno insediativo particolarmente importante sostituendo a strade e a campi la selva. Per centinaia di anni questi luoghi furono patrimonio degli alberi e della fauna della foresta. Solo in periodo bassomedievale si cominciarono a organizzare lungo il Fiume nuovi nuclei insediativi, questa volta organizzati per villaggio: Pradolino, Sant’Andrea, Tiezzo, Cimpello. Poco alla volta l’espansione dei nuovi villaggi comportò la distruzione della foresta che tutto aveva coperto, ma sotto diverse decine di centimetri la strada riposa in attesa di essere nuovamente riscoperta.

Il bosco della Mantova

A est di Sant’Andrea già nel Settecento troviamo ampie campagne attrezzate distruggendo il vecchio bosco. Abbiamo documenti che testimoniano la progressiva privatizzazione del bosco pubblico già nel XVII secolo per ricavare terra coltivabile. Molte delle distruzioni furono realizzate dai triestini Morpurgo che subentrarono nelle proprietà dei Comparetti (1872) e che si posero il problema di modernizzare e ampliare l’azienda.

Il Bosc de la Mantova è ricordato in un documento del 1237, mentre in citazioni successive compare in varie forme lessicali (Mantua, Mantoa, Mantova). Oggi di questa grande foresta planiziale non rimangono che pochi brandelli conservati dal comune, mentre lentamente lungo il Rio Luma si stanno formando lentamente boschetti che un tempo non c’erano. Quello che invece è importante è che queste poche alberature sono una banca biogenetica importante per recuperare territorio alla natura. I boschi planiziali sono ridotti e fragili e solo azioni per il loro recupero permetteranno la ricostruzione di ambienti complessi. Queste pratiche di coltivazione ed espansione erano proposte anche dallo studioso Pietro Comparetti che abitava vicino al bosco e nel suo volumetto del 1798 proponeva la conservazione del bosco con queste parole: “Ma se in luogo di piantar il seme col vanghetto, o di trapiantar le tenere pianticelle levate dal vivajo, si volesse la riproduzione della qüercia, senza usar alcuna particolare attenzione, allora, oltre la necessità, che vi fossero delle querce d’alto fusto, che producessero il seme, da cui naturalmente cadesse, esser vi dovrebbe ancora il suolo disposto a ricever detto seme, nel quale vegetar dovesse. L’erba in tal caso, sarebbe nociva, non tanto per l’incremento de’ piccioli virgulti quanto per la propagazion della specie. Nel Bosco della Mantova di pubblica ragione, situato nel Friuli si vede uno spazio considerabile di terreno, spoglio affatto di dolce legname e tutto dall’erba ricoperto. La vegetazion di pianta alcuna ivi non comparisce all’occhio degli astanti; a differenza dell’altre parti di detto Bosco in cui non essendovi erba, le piante legnose pullulano con la maggior facilità.

Chị bramasse far uso della trapiantagione delle picciole querce per guadagnare del tempo, potrà levarne di queste in quelle situazioni boschive; nelle quali il numero loro soverchio richiedesse un diradamento, senza punto ricorrere ad alcuna sorta di artifiziale vivajo” .

I tre scalini del diavolo

L’attuale area naturalistica de I tre scalini del diavolo altro non è che il recupero naturalistico di un’area che nel passato era limitrofa al Bosco Comunia di Sotto e che era utilizzata per uno sfruttamento agricolo importante.

Già nelle cartografie dell’800 si nota come lungo la Luma non fossero messe in attenzione strutture alberate che invece oggi caratterizzano l’area naturalistica. Il paesaggio tipico di queste aree depresse era segnato dalle praterie umide che davano ai proprietari la possibilità di diversi tagli di erba.

Qui invece la crisi del prato e le difficoltà di coltivare un’area umida sta producendo un paesaggio forestale del tutto nuovo. Qui le specie che erano tipiche dei boschi scomparsi lentamente si stanno re insediando poco alla volta. L’istituzione di forme di protezione attiva in questa zona è stata promossa dal locale WWF a partire dal 1994 con l’intento di costruire un ambito di rifugio per la fauna selvatica caratterizzata da zone umide e strutture arboree allora ancora ridotte. L’area protetta si trova lungo il canale artificializzato della Luma e ha una superficie di poco più di due ettari.

Nella vegetazione attorno al canneto spiccano il salice bianco, l’olmo e l’ontano comune oltre alla farnia, la sanguinella, il biancospino, il gelso, il prugnolo e il sambuco nero. Tra le specie floristiche si trovano il favagello, il campanellino estivo, il sigillo di Salomone, il giaggiolo acquatico, la salcerella ed il nannufero. La tipica vegetazione offre rifugio a piccoli animali, dalla donnola alla faina.

Qui dove si sta formando un nuovo bosco negli ultimi anni anche gli ungulati si sono reinsediati creando non pochi problemi a chi abita nella periferia di Azzano Decimo. Questa costante espansione del bosco comporterà una progressiva espansione degli animali che qui trovano cibo e protezione a meno che in questi ambiti non torni anche il lupo o lo sciacallo.